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Albert Hofmann, Ernst Jünger, LSD: carteggio (recensione)

(articolo uscito sulla “Lettura” del “Corriere della Sera” del 5 novembre 2017)

Negli anni ’90, quando ancora non esisteva Internet e l’attuale riscoperta degli psichedelici da parte di medicina e accademia era molto lontana, chi si interessava di cultura psichedelica doveva andare a cercare tra i banchi dell’usato per trovare certi volumetti di Stampa Alternativa che raccontavano le gesta dei pionieri degli “stati altri di coscienza”. Uno di essi riportava stralci dagli scambi epistolari di Albert Hofmann, lo scienziato svizzero scopritore (e primo assuntore) dell’LSD, con importanti personalità della sua epoca: non solo gli alfieri americani della psichedelia come il professore di Harvard Timothy Leary, ma anche scrittori europei decisamente lontani dallo stereotipo dell’hippie, come Aldous Huxley o addirittura Ernst Jünger. Qualcosa di stupefacente per noi che, ai tempi, di Jünger avevamo una conoscenza superficiale e ci appariva come un teso amante della guerra: ciò che più lontano può esserci da un figlio dei fiori. In realtà, lo scrittore tedesco era un entusiasta sperimentatore di psichedelici, e dalle sue esperienze con LSD e mescalina sono usciti non solo saggi come Avvicinamenti: droghe e ebbrezza ma anche un romanzo breve, Visita a Godenholm, che costituisce uno degli apici della sua prosa.
Come Jünger, Albert Hofmann, chimico in forza alla Sandoz, era un uomo con un background tradizionale e idee conservatrici, e il ritrovarsi a essere elevato a profeta da intere coorti di freak, pacifisti, esponenti della controcultura e rockstar (e allo stesso tempo vedere demonizzata dai conservatori la sua “creatura”, della quale aveva intuito il potenziale sia in medicina che nell’esplorazione del sé) lo aveva costretto a lunghe elucubrazioni circa il senso della sua scoperta, sgorgate poi nel libro LSD: il mio bambino difficileriflessioni su droghe sacre, misticismo e scienza. Riflessioni sulle quali era spesso proprio l’“amico di penna” Ernst Jünger il primo a confrontarsi. Oggi, grazie a Giometti & Antonello, casa editrice maceratese che si sta distinguendo per la raffinatezza del proprio catalogo, la corrispondenza integrale tra Jünger e Hofmann è disponibile ai lettori italiani. LSD – Carteggio 1947-1997 arriva in libreria nella traduzione di Simona Piangatello, forte di una splendida edizione e di una buona curatela, fatte salve alcune ingenuità in bandella e in prefazione – l’uso di un termine-ombrello come “allucinogeno” al posto di “psichedelico” o la confusione fra i danni portati dall’avvento dell’eroina col periodo della prima rivoluzione psichedelica. Ma ciò che più conta in questo caso non sono certo i paratesti: il carteggio, raccontando l’amicizia di mezzo secolo tra due giganti del pensiero europeo, la quale scorre amabilmente tra omaggi alle rispettive signore, scambi di doni, report sui rispettivi avanzamenti in chimica e in letteratura, e riflessioni raffinatissime sulle arti, la metafisica e la scienza, offre un documento prezioso non solo per gli studiosi di psichedelia o per quelli dell’opera di Jünger, ma per tutti coloro che si sono posti almeno una volta nella vita il problema della trascendenza.

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