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Jacopo Nacci, “Guida ai super robot” (recensione)

(articolo uscito sulla “Lettura” del “Corriere della Sera” del 4 dicembre 2016)

Chi è nato negli anni ’70 e ’80 ha un modo sicuro per legare con qualunque coetaneo: basta evocare i cartoni animati giapponesi e subito si finisce a ricordare entusiasti questo o quel personaggio. L’importazione, concentrata in poche stagioni, di trent’anni di produzione animata nipponica è infatti un unicum italiano, legato all’esplosione delle TV private (e alla necessità di riempire ore e ore di programmazione). Arrivò tutto, e tutto insieme: serie per bambini, per ragazzi, per ragazze, cartoni di sport, di combattimento, umoristici, adattamenti di feuilleton, il medioevo e la rivoluzione francese, la preistoria e il postnucleare. Ma il filone che più impattò il nostro immaginario fu quello dei robot giganti. Goldrake anzitutto, trasmesso su Rai2 dal 1978; Mazinga, vero capostipite, giunto in Italia solo dal 1980, e poi una vera e propria invasione sui canali locali: Jeeg, Godam, Diapolon, Vultus 5, Zambot 3, Daitarn 3, Daltanious, per citare solo i più memorabili.
Sarebbe facile trattare un simile soggetto con la lente del nostalgismo o dell’ironia. L’importanza di Guida ai super robot di Jacopo Nacci, appena uscito per Odoya, sta proprio nel rifuggire da tali approcci, affrontando invece i ‘super-robot’ – campo definito dalla presenza di specifici elementi: un robot gigante difende la Terra da invasori alieni; il robot è pilotato dall’interno dall’eroe, che è un orfano o un alieno a sua volta; il robot ha varie armi, che si attivano secondo specifici apparati rituali; in ogni episodio i nemici inviano un mostro gigantesco, che puntualmente il robot sconfigge – col massimo rigore analitico e filosofico. Ne emerge un’opera la quale, oltre a catalogare tutti i robot della nostra infanzia attraverso un doppio filo conduttore, fatto di schede tecniche in ordine cronologico e riflessioni intorno ai temi ricorrenti nelle varie serie, mette in luce il modo in cui, all’interno di un genere per ragazzi molto formalizzato – caratteristica che rende ogni variazione sul tema un fatto rilevante – sono affrontate questioni profonde, come il rapporto tra l’uomo e la tecnica o quello tra l’individuo e l’altro da sé. Si può addirittura scoprire che in ultima istanza il robot è interfaccia di mediazione tra l’eroe e la parte profonda di se stesso: un dispositivo psicanalitico! Ciò che a prima vista può sembrare naïf, ci mostra Nacci, a volte dialoga con l’inconscio collettivo, ed è per questo, più che per banali nostalgie d’infanzia, che sentire le parole ‘alabarda spaziale’ o ‘attacco solare’ fa ancora scorrere un brivido lungo la spina a due generazioni di italiani.

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